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IL FENOMENO DEL CAPORALATO

Aggiornamento: 10 mag 2021



Se sentita per la prima volta, la parola “caporalato” può suscitare qualche dubbio: in molti non sanno ancora effettivamente cosa sia, eppure è un fenomeno molto diffuso nel territorio dell’Agro Pontino.


Per “caporalato” si intende lo sfruttamento, ai limiti della legalità, di persone, generalmente extraeuropee, le quali, vivendo in condizioni di indigenza totale nella propria patria, tentano un viaggio di fortuna, per arrivare poi in Italia.


Il fenomeno viene definito in questo modo dalla denominazione gergale degli intermediari - detti appunto caporali - che assumono per breve periodo (giornaliero o al più settimanale) operai senza rispettare le regole di assunzione e i diritti dei lavoratori.

Dalla seconda metà del XX secolo, con lo sviluppo del diritto del lavoro, la pratica del caporalato è progressivamente emersa come attività della criminalità organizzata volta all'elusione della disciplina sul lavoro, mirando così allo sfruttamento illegale e a basso costo di manodopera agricola. I salari elargiti ai lavoratori ('giornate') sono notevolmente inferiori rispetto a quelli del tariffario regolamentare e spesso privi di versamento dei contributi previdenziali. Secondo la legge italiana attuale il caporale è un mediatore illegale di manodopera e gestore dei lavori secondo le richieste dell'imprenditore agricolo.


Questi suddetti uomini si interfacciano quindi con la figura del caporale, il quale svolge la mansione di intermediario linguistico - ndr : spesso gli sfruttati non conoscono la lingua - occupandosi di trovare loro lavoro, generalmente in campo agricolo o edilizio, sottraendogli però parte dello stipendio - spesso già ridotto rispetto a quello che prevede la legge. Essi inoltre si occupano di procurare loro documenti e in alcuni casi di trovargli delle abitazioni, le quali molto spesso si trovano in condizioni igienico-sanitarie inesistenti. La figura del caporale viene vista da loro paradossalmente come un eroe, colui che permette loro di mangiare, mentre in realtà è solo un mostro che si approfitta dei più deboli.


Il caporalato è un fenomeno che si collega ad altre due grandi realtà italiane: l’immigrazione ed il lavoro “in nero”. Esso avviene in tutt’Italia, ma si concentra principalmente nel Sud.


La giornata tipo di queste vittime è: sveglia all’alba, poi chilometri e chilometri macinati su un mezzo di fortuna, un “ferro vecchio” come una bici ormai malconcia e non ben funzionante o un pulmino che, per via del modo in cui sono ammassati ricorda molto un carro bestiame.


Dopo una giornata completamente incentrata sul lavoro, una volta rientrati a casa molti di loro non hanno neanche la possibilità di lavarsi, in quanto spesso in queste abitazioni non è presente neanche l’acqua corrente: ecco a cosa porta la necessità di sopravvivenza.

Molte persone per via di questo sistema corrotto perdono la vita.



In aggiunta, questo fenomeno entra in relazione anche con la condizione femminile: "a volte il rapporto della donna con il caporale va oltre il lavoro in agricoltura e, in una sorta di complicità protettiva, il caporale spesso coinvolge le sue protette in giri illeciti e clandestini di prostituzione”.


Il caporalato è spesso connesso difatti ad organizzazioni malavitose. Il fenomeno del caporalato si è diffuso maggiormente con i recenti movimenti migratori provenienti dall'Africa, dalla Penisola Balcanica, dall'Europa orientale e dall'Asia: Infatti, coloro che emigrano clandestinamente nella speranza di migliorare la propria condizione finiscono facilmente nelle mani di queste persone, che li riducono in condizioni di schiavitù e dipendenza. Alcune inchieste giornalistiche del 2015 mostrano la continua espansione del fenomeno anche nei confronti di donne italiane durante le campagne di raccolta dell'uva e delle fragole. I media hanno riportato, in un caso tragico che ha fatto scalpore, che l'azienda si impegnava a pagare regolarmente l'agenzia di lavoro interinale, mentre alla lavoratrice arrivava una retribuzione enormemente inferiore.


Ma, se è così diffuso nella realtà di tutti i giorni, non dovrebbero esserci leggi che tutelano questi sfruttati? La risposta è si, ma spesso non bastano o comunque gli stessi sottomessi hanno paura di denunciare questo losco sistema.


L’articolo 603-bis Codice Penale, introdotto dalla legge n. 199/16, punisce chi, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori:

  • recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento (quindi tipicamente l’intermediario-caporale);

  • «utilizza, assume o impiega manodopera» sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento anche, ma non necessariamente, avvalendosi di attività di intermediazione (quindi il datore di lavoro).


Dunque non è necessaria l’intermediazione del c.d. caporale così come non è necessario che il lavoratore sia “in nero”, ben potendo lo stesso essere regolarmente assunto.


L’elemento caratteristico delle condotte delittuose è lo sfruttamento di un lavoratore in condizione di bisogno ed è la stessa legge ad indicare degli indici di sfruttamento (comma 2 dell’articolo 603-bis):


  • la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dalle previsioni dei contratti collettivi di lavoro o comunque sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

  • la reiterata violazione della normativa in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, riposo settimanale, aspettativa obbligatoria e ferie;

  • violazioni delle norme in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro;

  • sottoposizione del lavoratore a degradanti condizioni di lavoro, alloggiative o di sorveglianza.


Per quanto riguarda il regime sanzionatorio la legge prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, ma nel caso in cui i fatti siano commessi con violenza o minaccia, la reclusione prevista va dai cinque agli otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.


La pena viene aumentata da un terzo alla metà al verificarsi delle seguenti aggravanti specifiche (comma 3 dell’articolo 603-bis):


  • quando il numero dei lavoratori reclutati è superiore a tre;

  • quando almeno uno dei lavoratori reclutati è minorenne in età non lavorativa;

  • quando i lavoratori sfruttati sono esposti a condizioni di grave pericolo.


È prevista però una riduzione di pena (da un terzo a due terzi) per chi collabora con le autorità.


La legge ha anche introdotto sanzioni indirette come il controllo giudiziale dell’azienda, disposto dal giudice in luogo del sequestro, qualora si consideri che l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa compromettere i livelli occupazionali o il valore economico dell’azienda.


Inoltre l’articolo 4 della l. n. 199/2016 ha modificato l’articolo 380 del Codice di procedura penale aggiungendo il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza o minaccia tra i reati per cui è previsto l’arresto in flagranza. Il processo più famoso avvenuto per accusa di caporalato è stato fatto nei confronti dei datori di lavoro dei c.d. raiders.


Il grande problema di questo sistema è che paradossalmente nel piano economico ciò conviene a quasi tutti, alle grandi aziende perché possono avere più manodopera, spendendo meno, ma anche al caporale, il quale intasca i soldi dei suoi protetti, alle grandi catene di supermercati che potranno acquistare i loro prodotti a prezzi vantaggiosi, rivendendoli anche a prezzi inferiori rispetto ai loro concorrenti, aumentando così i loro clienti.


Nonostante ciò grandi aziende come Coop e i coltivatori diretti hanno abbracciato fortemente la causa anti-caporalato per un mondo più etico.


Purtroppo noi compratori non possiamo essere certi del fatto che ciò che acquistiamo sia stato prodotto o meno senza l’ausilio dello sfruttamento, quindi esistono soluzioni?

Una delle soluzioni potrebbe essere il comprare in piccole aziende a conduzione familiare, ma soprattutto la grande soluzione è far capire che noi compratori disprezziamo fortemente ciò attraverso dei boicottaggi: solo a quel punto tutte le aziende potrebbero fare dell’anti-caporalato un loro marchio, magari introducendo un bollino anti- caporalato nei prodotti come quello per i prodotti biologici o senza glutine ad esempio.


Come riuscire ad ottenere tutto ciò?

Per fare in modo che ciò accada è innanzitutto necessario informare della presenza di questo losco sistema la popolazione, diffondendo storie di braccianti o di coloro che lavorano in campo edile che purtroppo, a causa di questo sistema, hanno perso la vita.


Numerosi sono i libri e gli articoli che trattano di ciò: in conclusione vi lasciamo alcuni spunti.




Beatrice Del Monte


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